Perché nascosti come bambini nell’androne della paura
noi cantavamo con parole fessurate.
Contro la collera del padre.
Ci raccontavamo storie truculente
a malapena percepibili tra il rumore della pioggia
e l’alba, ogni volta che puntellata la nostra stessa preghiera,
uscivamo a bloccare le strade delle auto blindate,
quelle che vigilavano sui cannoni a rotaia:
bambini, di certo, che si limitavano a spargere falsi segnali
piccole esplosioni
con le quali scompigliare i droni dell’alba,
tagli di cavi suggeriti
dalle canzoni che avevamo fessurato la notte precedente.
Le Sorelle Maggiori ci dicevano:
“Cantate le canzoni nere della sovversione, bambini,
le vostre canzoni sovversive, pronte al sabotaggio”.
E noi cantavamo ogni notte
furia ritta in piedi, altrimenti dolore pieno di dubbi,
cantavamo
come uccelli nascosti nell’androne delle paure.
Contro la collera del padre.
E contro le auto blindate.
[...]
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Ref:
"Enrique Falcón, Tempo della collera e tempo della misericordia",
a cura di Lorenzo Mari.
Enrique Falcón (Valencia, 1968) è una delle voci più importanti della poesia spagnola contemporanea: la sua produzione – già molto estesa, anche se largamente inedita in traduzione italiana, fatta eccezione per i testi inclusi nelle antologie “Voci dalla poesia spagnola contemporanea” (Sentieri Meridiani ed., 2009, a cura di Paola Laskaris) e “43 poeti per Ayotzinapa” (Arcoiris ed., 2016, a cura di Lucia Cupertino) – è stata spesso accostata alle categorie della “nuova poesia sociale” o della “poesia della coscienza critica”. Si tratta, tuttavia, di categorie alle quali Falcón imprime una svolta peculiare, non di rado virata verso i modi e le forme dell’epica, attraverso la frequente trasfigurazione poetica di un materiale già disponibile nella tradizione religiosa ebraico-cristiana, da un lato, e del pensiero marxista e libertario, dall’altro. Un altro autore di sicuro valore, nel panorama letterario di lingua spagnola, come il poeta uruguayano, di stanza in Messico, Eduardo Milán, ha dichiarato che “la poesia di Falcón crea i presupposti per cantare la condizione umana nella contemporaneità”. Ciò accade anche nell’ultima opera di Falcón, “Sílithus” (ed. La Oveja Roja, 2020), dal quale è tratta la sezione qui tradotta, a partire dai materiali pubblicati in rete dallo stesso autore, con l’avvertenza che alcuni riferimenti presenti nel testo – come ad esempio il nome proprio “Ajuar”, le “Polizie Arteriali” (riferite alla vigilanza delle arterie urbane), o ancora la “lúa” (apparentemente, una droga di nuova generazione) – sono elementi finzionali creati e utilizzati a più riprese dall’autore nel contesto del poema, mentre, naturalmente, Radio Alice è un riferimento alla nota esperienza culturale e politica della radio libera bolognese.